Romina Mobrici

Chi sono

In una società in cui la perfezione si ricerca attraverso l’estetica, l’esteriorità, il materialismo, io la ricerco invece attraverso l’essenza.

Gli antichi vasai Ming avevano l’abitudine, dopo aver prodotto il vaso, di scheggiarlo.
A chi gli chiedeva il perché di questo comportamento, trattandosi di vasi tanto belli, essi rispondevano: “perché noi non facciamo vasi belli, ma perfetti!”.

Ecco questa è un po’ l’essenza di ciò che faccio.
Io non faccio quadri belli, ma perfetti, che nella loro bellezza includono l’imperfezione ed è ciò che li rende perfetti.

Diverso tempo sono stata a preoccuparmi di quanto i miei dipinti fossero belli, senza dare importanza a ciò che invece esprimessero.
Dopo un lungo periodo di ricerca interiore, ho trovato la forma che più rappresenta il mio sentire.

Pur facendo un tipo di arte visiva, le mie opere esprimono la loro parte fondamentale attraverso ciò che è invisibile agli occhi.

Non a caso ciò a cui faccio particolare attenzione è il viso e gli occhi, dipingendo in alcuni casi solo gli sguardi.
Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima ed è proprio questo quello che voglio andare a cogliere e rappresentare: l’anima.

Mi piace vedere le mie opere come dei microcosmi, come dei piccoli ologrammi dell’esistenza stessa:
Ci sono i nostri difetti, la nostra ombra, attraverso la parte meno rifinita ed imperfetta del quadro, 
la nostra parte più bella e luminosa, più comunicativa, che è la nostra anima, attraverso gli occhi e 
ciò da cui tutto nasce e a cui tutto è destinato a tornare, Dio, che sento nel bianco della tela, che seppur ha preso forma in un dipinto, non ne è condizionato, è ciò che tutto contiene, accoglie tutto senza giudizio.
Infatti nonostante sia più attratta dalla parte viva dell’esistenza, non mi tiro indietro se sento di ritrarre qualcosa di diverso, insomma, tutto può essere fonte di ispirazione.

Questo tipo di arte si contrappone anche alla tecnologia che sta conquistando ogni ambito, all’intelligenza artificiale che sta diventando il nuovo dio, dove ogni prodotto, proprio come il “nuovo uomo”, sta divenendo un prodotto di serie, …
Con le mie opere sto generando ciò che non è figlio di una formula matematica o di un algoritmo, ma è figlio di quel qualcosa che ci differenzia da una macchina, qualcosa di vivo, che ha un’anima, che è il frutto di un lavoro interiore, di un sentimento che trascende anche la ragione, figlio di un’intuizione…
Le mie opere vogliono essere uno specchio dove si può vedere riflessa, non la mia e nemmeno quella del soggetto ritratto, ma l’ anima chi le guarda.